RAFAEL SPREGELBURD - Regia Franco Reina

STRAVAGANZA
LA

LA STRAVAGANZA
Rafael Spregelburd
regia Franco Reina
con
ARIANNA SCUTERI Maria Ascella - Maria Soccorso - Maria Streghe
1-2 ottobre 2021 - Oratorio di San Mercurio - Palermo
In scena solo una attrice ad interpretare tre sorelle “gemelle”: Maria Ascella, Maria Streghe e Maria Soccorso. L’azione, ambientata volutamente alla fine degli anni 70, si svolge in uno spazio scenico suddiviso in tre parti, apparentemente distinte e separate. A sinistra, un ambiente con poltrona classica di velluto, un tavolinetto, un abat-jour, qualche libro, una radio, un telefono e un telecomando (Maria Soccorso); a destra, una poltroncina moderna, un tavolinetto con telefono e telecomando, un abat-jour a piantana (Maria Streghe); al centro, una parete con carta da parati dove è collocato, quasi sospeso, un televisore a tubo catodico (Maria Ascella); sparsi qua e là, campioni di carta da parati e frammenti di fotografie.
Tre gemelle apparentemente (o forse per davvero) diverse. Tre sorelle che hanno deciso, per vari motivi, di non rivolgersi più la parola, anche se si cercano sistematicamente (telefonate, tv accesa, etc). È Maria Soccorso, la sorella scrittrice di romanzi rosa, a raccontare l’antefatto - in una specie di “à part” - in cui, dopo il parto, una delle tre sorelline non è riuscita a sopravvivere, costringendo i genitori addolorati ad adottare immediatamente un’altra bambina, mantenendo in maniera inflessibile il segreto: il nome della figlia “illegittima”. Nessuno di loro tre sa quindi chi sia l’altra, e per i genitori risulta ormai difficile ricordarselo, non vi sono più tracce, sono spariti i documenti e i luoghi delle prove. Sul punto di morte la madre, afflitta da una malattia ereditaria gravissima, cerca tramite il padre (Armando) di riunire e rivedere le tre sorelle, per riportare alla memoria la verità e fare curare le gemelle “legittime”. Le sorelle (tre Marie) si oppongono però a questa riunione e, tramite la bugia, la finzione, la finta amnesia, la finta indifferenza, la finta terapia, il finto suicidio, nascondono se stesse, e le altre a sé, forse per invidia, forse per orgoglio, o semplice cecità.
La comunicazione tra le sorelle avviene mediante costanti interruzioni e sospensioni di apparecchi nati proprio per la comunicazione (telefonate chiuse improvvisamente, televisore spento/acceso o privo di volume, radio accese e spente…) che portano a un’incomunicabilità atavica, quasi destinata. Il tutto sospeso in una dimensione spazio-temporale e una serie di flashback dove, nonostante tutto, si cerca di trovare, forse, quel ambiente comune e sensibile dove rimediare al non-detto che ha portato a rotture e lacerazioni tra i tasselli di una comunità, forse, anche tra i tasselli che compongono l’anima di un unico individuo. Lacerazioni apparentemente incolmabili, che creano lo smarrimento dell’essere umano sospeso tra interrogativi, esitazioni e rassegnazioni caratterizzanti tutto il percorso di un’intera esistenza. La costante impossibilità di varcare i confini tra un soggetto e l’altro, confini sociali, relazionali, emotivi e psicologici delineati nella scena dai vari ambienti e dal televisore, viene permanentemente evidenziata dalle azioni e dai movimenti sulla scena dell’attrice. Il sentire senz’ascoltare l’altro, condizione dell’essere umano di oggi, è forse, oltre i numerosi aspetti rivelati, il leitmotiv di quest’opera. Ma qualcosa ci porta a pensare che si tocchi qualcosa di più profondo, qualcosa ci porta a pensare che le “Marie” siano in verità le varie “anime” di un’unica persona - spesso in lotta con se stessa. Forse è per questo che Maria Streghe, dopo avere ascoltato le ultime parole struggenti della madre sulla segreteria scattata per non avere risposto, non crolla “nel proprio ambiente”, ma si chiude dondolando ed emettendo un urlo sordo sotto il televisore. Dopo aver spento la propria luce e la luce dell’altra stanza-anima (ambiente di Maria Soccorso), si rannicchia sotto quel televisore che, anche lui ormai (e forse per sempre), non trasmette più alcuna immagine, ma solo un rumore assordante di assenza di segnale, di comunicazione, di assenza tout-court.
Franco Reina
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